MARTIRE FEDELE
Noi cristiani abbiamo dato a Gesù Crocifisso diversi nomi: «redentore», «salvatore», «re», «liberatore». Possiamo avvicinarci a lui con gratitudine: Egli ci ha riscattato dalla predizione. Possiamo contemplarlo commossi: nessuno ci ha mai amato così. Possiamo abbracciarlo per trovare forza in mezzo alle nostre sofferenze e dolori.
Fra i primi cristiani era anche chiamato «martire», cioè «testimone». L’Apocalisse, scritta verso l’anno 95, vede nel Crocefisso il «martire fedele», «testimone fedele». Dalla croce, Gesù si presenta a noi come testimone fedele dell’amore di Dio e anche di un’esistenza identificata con gli ultimi. Non dobbiamo dimenticarlo.
Si è tanto identificato con le vittime innocenti da fare la stessa fine: la sua parola disturbava. Era andato troppo lontano nel parlare di Dio e della sua giustizia. Né l’Impero né il tempio potevano consentire questo. Bisognava eliminarlo. Forse, prima che Paolo cominciasse a elaborare la sua teologia della Croce, fra i poveri della Galilea già si viveva questa certezza: «È morto per noi», «per difenderci sino alla fine», «per osare parlar di Dio come difensore degli ultimi».
Quando guardiamo il Gesù Crocefisso, dovremmo ricordare istintivamente il dolore e l’umiliazione di tante vittime sconosciute che, lungo la storia, hanno sofferto, soffrono e soffriranno dimenticate quasi da tutti. Sarebbe una burla baciare il Crocefisso, invocarlo o adorarlo mentre viviamo indifferenti davanti a ogni sofferenza che non sia la nostra.
Il crocefisso sta scomparendo dalle nostre case e dalle nostre istituzioni, ma i «crocefissi» sono ancora lì. Possiamo vederli ogni giorno nel telegiornale.
Dobbiamo imparare a venerare Gesù crocefisso non solo in un piccolo crocefisso, ma nelle vittime innocenti della fame e delle guerre, nelle donne massacrate dai loro compagni, in quelli che affogano nei loro barconi.
Confessare Cristo Crocefisso non vuol dire soltanto fare grandi professioni di fede. Il modo migliore di accettarlo come Signore e Redentore è imitarlo vivendo identificati con quelli che soffrono ingiustamente.
José Antonio Pagola
Traduzzione: Mercedes Cerezo