CONDIVIDERE QUELLO CHE ABBIAMO CON I BISOGNOSI
Erano due i problemi più urgenti nei paesi della Galilea: la fame e i debiti. Era questo che faceva soffrire Gesù. Quando i suoi discepoli gli chiedono che insegni loro a pregare, due petizioni gli sono uscite dal profondo del suo cuore: «Padre, dacci oggi il pane necessario»; «Padre, rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori».
Che potevano fare contro la fame che li distruggeva e contra i debiti che li facevano perdere le loro terre? Gesù vedeva chiaramente la volontà di Dio. Condividere il poco che possedevano e condonarsi a vicenda i debiti. Solo così sarebbe nato un mondo nuovo.
Le fonti cristiane hanno conservato il ricordo di un pranzo memorabile con Gesù, all’aperto e con molta gente. Non è facile ricostruire quello che accadde. Ecco il ricordo che rimane: fra la gente raccolsero «cinque pani e due pesci», ma hanno condiviso quello che avevano e, con la benedizione di Gesù, tutti hanno potuto mangiare.
All’inizio del racconto c’è un dialogo molto illuminante. Vedendo che la gente aveva fame, i discepoli propongono la soluzione più comoda e meno compromettente: «congeda la folla perché vada nei villaggi per trovare cibo»; che ciascuno risolva i propri problemi. La risposta di Gesù è un richiamo alla responsabilità: «Voi stessi date loro da mangiare»; non lasciati gli affamati abbandonati.
Non dobbiamo dimenticarlo. Se ci giriamo di schiena agli affamati del mondo, perdiamo la nostra identità cristiana; non siamo fedeli a Gesù; ai nostri banchetti eucaristici manca la sua sensibilità e il suo orizzonte, manca la sua compassione. Come si trasforma una religione come la nostra in un movimento di seguaci fedeli a Gesù?
Prima di tutto dobbiamo non perdere la sua prospettiva fondamentale: lasciaci toccare di più dalla sofferenza di quelli che non sanno cos’è vivere con pane e dignità, poi, comprometterci con delle piccole iniziative concrete, umili, parziali, che ci insegnano a condividere e ci identificano con lo stile di Gesù.
José Antonio Pagola
Traduzzione: Mercedes Cerezo